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E’ FERMO O SI STA MUOVENDO?

E’ FERMO O SI STA MUOVENDO?

Fermo. È tutto fermo. Come se qualcuno avesse cliccato il tasto “pausa” sul telecomando delle nostre vite e così, proprio come in un film di azione, rimaniamo fermi immobili; in attesa che qualcuno clicchi su “restart” per tornare a rincorrere il tempo.

Aspettiamo, ci guardiamo intorno, i giorni passano e nessuno sembra avere intenzione di cliccare su quel agognato tasto. Ed ecco che lentamente si avvicina la desolazione, migliore amica della noia, si avvicina a noi e si insinua nei nostri pensieri finché non ci fa cambiare strada allontanandoci dalla routine, alimentandoci di nuove paure e pensieri.

 Così iniziamo a posticipare la sveglia “Tanto che cos’ho da fare?”, abbandoniamo l’idea di mettere a posto quell’armadio pieno di cose vecchie e così si accumula il disordine degli scatoloni che avevamo preparato prima di conoscere la desolazione e ci arrendiamo. Basta, l’unica cosa che possiamo fare è trattenere il respiro. Apnea. Contiamo i giorni aspettando la data in cui quel tasto maledetto verrà schiacciato e rimaniamo fermi.

Proprio questo è il terreno più fertile in cui il malessere può crescere, l’arrendevolezza. “Tanto siamo chiusi in casa”. In questi momenti diventa veramente difficile risignificare il proprio stato, guardiamo video che hanno come colonna sonora l’Inno di Mameli che a volte ci strappano un sorriso o una lacrima e quello è l’unico bagliore di speranza che ci concediamo. Qualcuno sussurra “ce la faremo”, “finirà”, “speriamo finisca presto”. Ma nessuno si muove. Ce l’hanno detto così tante volte che ora non ci muoviamo neanche dal divano. Ci hanno detto di chiuderci in casa e ora ci siamo chiusi in noi stessi. L’euforia per le videochiamate su houseparty con gli amici è finita e ora siamo stufi. Abbiamo sopportato in apnea, ma non abbiamo più fiato.

Ecco, allora ricominciamo a respirare. Apriamo le finestre e prendiamo due belle boccate di aria fresca. Il mondo è in pausa, ma noi, chiusi nelle nostre case abbiamo il nostro telecomando, quello che controlla la nostra e nostra soltanto esistenza. Prendiamolo, puntiamolo verso il cielo e schiacciamo “RESTART”. 

Ripartiremo con la stessa vita di prima? No. No, per un milione di motivi. No, perché un uomo non si bagna mai due volte nello stesso fiume, quindi figuriamoci se la vita può essere la stessa dopo lo scoppio di una pandemia. Ripartiamo con una stagione nuova, una stagione ambientata a casa nostra, e ricordiamocelo è casa nostra. Ultimamente viviamo in queste mura come se quasi non ci appartenessero, ricordiamoci che sono le stesse mura che ambivamo tanto durante quelle settimane frenetiche, ricordiamoci che il letto su cui ora possiamo indugiare qualche minuto in più è lo stesso che il lunedì mattina, quando la sveglia suonava alle 6, non volevamo lasciare. Siamo nelle nostre case. 

Ripartiamo perché tutto questo ha una data di scadenza, non la sappiamo ancora, è scritta in piccolo come sulle confezioni del tonno in scatola, ma c’è e si avvicina ogni giorno di più. Ripartiamo perché quando tutto questo sarà finito e quando finirà anche l’entusiasmo e la novità della ambita quotidianità, torneremo a dire “non vedo l’ora di essere a casa”, “ah che bello è domenica, oggi solo divano e Netflix”. 

Ripartiamo perché non siamo mai stati davvero in pausa, abbiamo imparato tantissimo e stiamo imparando ancora tantissimo. Quanti insegnamenti ci passano sotto il naso mentre noi pensiamo di essere fermi, in pausa come in un film, con le braccia alzate e le gambe pronte a camminare. Quanta consapevolezza in più dovremmo sviluppare, anzi dobbiamo sviluppare perché torneremo al bar con gli amici a bere il nostro gin tonic, torneremo al ristorante con i nostri compagni, fidanzate, mogli e mariti, torneremo sui banchi, torneremo sullo scivolo del parco giochi, torneremo sulla scrivania.

 Ma come torneremo? Guarderemo i nostri amici di una vita seduti a meno di un metro da noi e rideremo con loro in modo più forte, fragorosamente, ma non avremo più voglia di discutere, non litigheremo più per decidere a chi tocca guidare. Torneremo al ristorante con la nostra anima gemella e guai a chi guarda il telefono. Torneremo in aula e negli uffici e chi avrà più il coraggio di lamentarsi perché la lezione non finisce più o perché il capo ci ha dato un lavoro con una scadenza impossibile. Torneremo consapevoli e dovremo impegnarci per non dimenticare questi giorni.

E mentre aspettiamo di tornare, cosa facciamo?

 Programmiamo, prepariamo, allestiamo tutto per il nostro ritorno a quella che sarà la normalità (qualunque forma avrà questa parola). Clicchiamo su questo tasto da soli e facciamo ripartire le nostre vite. Le torte che dovevamo cucinare le abbiamo cucinate, il libro che dovevamo finire l’abbiamo finito e la scrivania ora è in ordine. Allora ricominciamo tornando a piccoli passi nella nostra vita. 

Noi studenti, torniamo sui libri e prepariamoci a quegli esami che arriveranno. Noi lavoratori, approfondiamo quell’argomento o quel progetto per cui non avevamo mai tempo. Noi genitori, insegniamo ai nostri figli a imparare a stirare, gestirsi il conto in banca, leggere le bollette e fare la lavatrice. Noi figli, insegniamo ai nostri genitori a scaricarsi la musica da soli e usare la televisione in autonomia. 

Facciamo tutte quelle cose che avranno un impatto sulle nostre vite anche fra mesi (perché ragazzi diciamocelo quanto tempo risparmieremmo se i nostri genitori imparassero a fare il backup del telefono da soli?). Agiamo per migliorare le nostre vite affinché quando tutto sarà finito non ci guarderemo indietro pensando “ah, se avessi fatto questa cosa in quelle settimane…”. La nostra vita non è ferma, ha solo cambiato scenario. 

 Abbiamo fame di vita e di vitalità, quanta fame. Quanta voglia di tornare, siamo in attesa sì, ma la nostra può essere un’attesa attiva, come quando gli attori, i registi e i tecnici dello spettacolo aspettano la sera della prima. Loro stanno fermi? Affatto. Preparano, sognano, allestiscono e organizzano tutto per il gran debutto. Allora facciamolo anche noi, prepariamoci per il nostro grande ritorno.

Come? Iniziamo interrogandoci su come vorremmo che fosse lo spettacolo delle nostre vite:

Cosa ci è mancato di più? Cosa non daremo più per scontato? Chi ci è mancato di più? Chi non daremo più per scontato?

Potremmo fare una lista “le cose che farò quando la quarantena sarà finita?”. Una lista fatta di piccole cose come mangiare un gelato con i propri amici e di grandi cose come realizzare finalmente quel sogno che abbiamo rimandato a lungo, finché questa pandemia non ci ha ricordato che anche il tempo, quel velocista incredibile, può fermarsi e fermarci. Scriviamo la nostra lista e poi osserviamola, osserviamoci mentre la scriviamo: a cosa pensiamo per prima cosa? Qual è la persona che ricorre più spesso nella nostra lista?

We are what we care about (Frankfurt, 1988)

Non sprechiamo questa preziosa (quanto forzata) occasione per conoscerci e avvicinarci all’anima della persona con cui passeremo ogni giorno della nostra vita: noi stessi.

Articolo scritto ed ideato da Emma Zucchi dott.ssa in Psicologia del Benessere.

 

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